Se l’utilità di una laurea conseguita in una qualsiasi università italiana
non è più molto evidente, alla luce dell’attuale mercato del lavoro e del
generale scadimento dell’insegnamento universitario, sono tuttavia ancora in
molti a considerare prezioso l’ormai decaduto pezzo di carta, il cui valore
legale secondo molti andrebbe semplicemente abolito. E tante famiglie sono disposte a sborsare cifre
significative, soprattutto per bilanci familiari modesti, pur di spedire i
propri pargoli in un ateneo qualsiasi. Spesso la scelta di facoltà e ateneo è
dettata proprio da ragioni di ordine economico. Studiare al sud e in una facoltà
umanistica è, infatti, più accessibile che decidere di diventare chirurgo a
Milano. Le rette universitarie variano, infatti, sia da regione a regione che
tra diversi indirizzi universitari, ma anche dalla fascia di reddito. Gli
studenti del nord pagano circa il 13% in più rispetto alla media nazionale per
la prima fascia e addirittura il 32% in più se si considera l’importo massimo da
versare. L’università più cara è Parma (oltre il 70% in più rispetto alle
media), seguita dalla Bicocca di Milano; la più economica è l’Aldo Moro di Bari,
seguita dall’Alma mater di Bologna. Secondo uno studio condotto da
Federconsumatori nel 2010, le tasse universitarie annuali si aggirano intorno ai
1.000 euro con picchi che variano dai 400 agli oltre 2.000 a seconda della
regione delle scelte amministrative della struttura. Mentre a Napoli studiare
all’Orientale può costare da un minimo di 440,00 euro a un massimo di 910,00, al
Politecnico di Milano si pagano anche 1.700 euro. Stesso discorso per chi
sceglie di studiare nella Capitale. A Tor Vergata le famiglie in ultima fascia
pagano 1.300 euro e la Sapienza non e’ da meno. Pur garantendo il diritto allo
studio con una tassa minima di 330 euro annuali, la storica universita’ di Roma
arriva a costare anche 2.000 per chi ha un reddito familiare alto. Generalmente
sono cinque le fasce di reddito considerate, calcolate considerando dei valori
di Isee fissi. la prima fascia considera un reddito sono a seimila euro, la
seconda siano a 10mila, la terza sino a 20mila, la quarta sino a 30mila e la
quinta il massimo. anche se e’ difficile fare una comparazione in quanto variano
da ateneo ad ateneo. La spesa annuale, comunque, cambia non solo in base al
reditto ma anche a seconda del tipo di Facolta’: Medicina, Ingegneria,
Architettura e Farmacologia risultano essere sicuramente le piu’ care. La
speranza di avere un ingegnere in famiglia se costruita alla Federico II di
Napoli costa a un padre 1.432 euro l’anno mentre mandare un figlio a Chirurgia
alla Bicocca di Milano anche 3.000. E se studiare costa caro, essere studenti
fuori sede comporta una spesa aggiuntiva che può arrivare fino a 6.958 euro
annui in più rispetto a chi gode del privilegio – tale almeno sotto il profilo
economico, se non sempre della qualità dell’insegnamento - di studiare
nell’università sotto casa. E le “migrazioni” interne per ragioni di studio sono
molto frequenti: in Italia, sempre secondo Federconsumatori, il 20,5% degli
studenti universitari, stando ai dati Istat 2009, studia al di fuori della
propria regione di residenza. A questi andrebbero aggiunti gli studenti che,
all’interno della stessa regione, si spostano in un’altra città. Naturalmente
l’affitto è la voce più costosa per uno studente ‘fuori sede’, che, insieme alle
spese accessorie (riscaldamento, condominio, energia, ecc.), raggiunge
mediamente 4.982 euro annui se sceglie di vivere in singola, e 3.756 euro annui
se, invece, sceglie di condividere una stanza con altri studenti. Dividendo
l’Italia in Macro-regioni si scopre che è il Centro ad avere le spese per la
casa (affitto+mantenimento) più alte, pari a 5.544 euro annui per una stanza
singola e 4.194 euro annui per una stanza condivisa. Più economico, invece,
risulta il Sud con una spesa pari al 31% in meno rispetto al Centro, per quanto
riguarda la stanza doppia e del 34% in meno relativamente alla singola. Di non
poco conto risultano anche le spese per i libri, con una differenza tra le
facoltà umanistiche e quelle scientifiche: per le prime la spesa ammonta in
media a 454 euro annui, il 17% in più rispetto a quelle scientifiche. Da tale
studio, quindi, emerge chiaramente che ad orientare lo studente nella scelta
dell’università non è solamente la qualità della facoltà prescelta, ma gioca un
ruolo fondamentale anche il reddito della propria famiglia. Chi non può
permettersi di pagare un affitto extra si accontenterà dell’università più
vicina, se ce n’è una. Mandare i figli all’università in Italia è una spesa non
indifferente anche per una famiglia benestante. Le nostre Università sono,
infatti, tra le più care in Europa. Solo ad Amsterdam le tasse universitarie si
avvicinano quelle nostrane: fino a 1.713 euro annuali. Una spesa esorbitante se
si pensa che le università svedesi, tra le prime nella classifica mondiale, sono
tutte completamente gratuite. E nelle altre capitali europee? La Sorbona di
Parigi costa al massimo 500 euro mentre alla Freit Universitat Berlin si
superano a malapena i 200 euro annui. Più costosi gli Atenei universitari
britannici, per lo più privati, come la University College London costa ad una
famiglia 9.000 euro all’anno: soldi ben spesi, però, se si pensa che l’ateneo
occupa il 4° posto tra le top 10 mondiali. A differenza degli atenei privati in
Italia che, pur costando in media 8.000 euro l’anno, non conquistano posizioni
di rilievo nelle classifiche internazionali, salvo alcune eccezioni. Basandosi
su un sistema universitario pervalentemente privato, i paesi anglossassoni, per
permettere anche alle famiglie meno abbienti di mandare i propri figli
all’università, mettono a disposizione dei prestiti finanziari. Il governo
britannico paga infatti, agli studenti inglesi e europei che lo richiedono,
tutte le rette universitarie previste per una laurea triennale. A differenza di
quello che accade in America però, dove gli studenti appena finita l’università
devono ripagare il debito, i giovani europei dovranno riconsegnare il denaro
solo una volta trovata un’occupazione che possa permetterglielo.
www.figliefamiglia.it
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